ETIOPIA 2003
In vari anni dal 2003 ho percorso il tutto il nord e il sud dell'etiopia visitando anche Gondar, Axum, La Libela e la Valle dell'Omo LIBIA 2008 Indimenticabile è stato il deserto della Libia percorso insieme a Motociclisti e altri fuoristrada fatto poco prima della caduta del regime di Geddafi MAROCCO 2009 Sempre in questi anni con tre Range Rover ultraventennali accompagnato da due ex piloti della Parigi-Dakar ho ripercorso lo stesso itinerario attraverso le piste del Marocco con andatura turistica pernottando negli stessi bivacchi seguendo le tracce con i punti GPS dei vecchi rally-raid. Transafrica dal 2011 al 2023 Iniziò comprando su internet un vecchio Toyota HDJ 80 con la guida a destra su internet , mio obiettivo era di partire da Roma e arrivare a Cape Town in Sud Africa. Purtroppo pochi giorni prima della partenza si scatenò la " Primavera Araba" e dovetti cambiare programma. A Settembre imbarcai la macchina a Genova e la spedii a Gibuti. Il viaggio a tappe cominciò da lì e terminò con il sequesto del toyota in Zimbabwe dopo 12 anni. Durante questi anni traversai Gibuti, Etiopia, Kenya, Tanzania, Ruanda, Uganda, Zambia, Malawi, Mozambico, Sud Africa, Lesotho, Swaziland, Namibia, Botswana, Zimbabwe. In tutto 80mila km di Africa MAURITANIA 2015 Nel 2015 sempre con fuoristrada abbiamo fatto accompagnati da scorta armata tutto il deserto e la costa della Mauritania COLORADO, NEW MEXICO, ARIZONA, UTAH, MONTANA 2018 ALASKA 2020
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Dal 2008 il dott. Pierluigi Casa ha iniziato il periplo dell'Africa partendo dall'Italia. in tale impresa di Viaggiatore sta utilizzando un Toyota ultraventennale. In questo modo ha potuto unire la passione dei viaggi alla scoperta di usi e costumi che stanno scomparendo alle attivita' umanitarie che sempre sono presenti durante i suoi viaggi. Normalmente quando parte porta con se aiuti umanitari e di primaria necessita' che raccoglie in Italia e distribuisce alle missioni che incontra durante i viaggi. Spesso presta la sua opera di pediatra nelle missioni. Normalmente viaggia da solo o al massimo con uno o due amici che lo accompagnano.
Le difficolta' che si incontrano riguardano soprattutto la comunicazione, la logistica, la preparazione del viaggio, i percorsi da seguire, le precauzione e le informative per viaggiare in sicurezza e il ricovero del mezzo nei lunghi periodi in cui risiede in Italia. Tutto cominciò quasi per caso, allorchè un caro amico, noto odontaiatra di Firenze, mi disse: Vorrei entrare in Eritrea pasando da Djibouti. Ho un mio vecchio toyota da tre anni giù. Abbiamo provato già due volte, ma siamo stati rispediti sempre indietro. Ti va di accompagnarmi? Risposi: proviamoci, se non riusciamo a passare da OBOCK (citta' di confine tra Djibouti ed Eritrea e punto di partenza dei migranti africani verso lo Yemen)) e non ci fanno entrare, giriamo a sinistra e ci facciamo l'Etiopia. Per oltre un anno cercammo informazioni andando a visitare diplomatici eritrei, feste etniche e anniversari vari. Ci hanno dato consigli anche alcuni imprenditori italiani che avevano interessi in loco. A Novembre 2007 Partiamo, arrviamo a Djibouti e lì iniziarono le prime dificotà. Il Toyota dopo due anni che non era stato utilizzato, aveva di tutto: la frizione che non funzionava, problemi alla pompa d'alimentazione, la trasmissione; insomma non si poteva partire. A complicare tutto non avevamo i permessi ed erano circa 25 anni che nessuno era passato con visto turistica da Djibouti all'Eritrea. Unico dato positivo: sapevo che in quel periodo di relativa pace, ogni mese, qualche raro Camion passava attraverso quella frontiera. La fortuna aiuta gli audaci: Sandro aveva un suo amico d'infanzia che aveva un grande cantiere nella capitale . Ci diede a disposizione i suoi meccanici e la macchina in breve fu riparata. A completamento di tutto avevamo il Direttore della sua Società che era stato compagno di scuola dell'allora ambasciatore eritreo in Djibouti. In un giorno avevamo il visto turistico. Eravamo i primi europei dopo 25 anni che potevano attraversare quella frontiera. In breve, dopo 5 giorni dal nostro arrivo in Africa riuscimmo a partire per il nord. La prima notte dormimmo in un lodge con chalet molto spartani a OBOK. Era gestito da ABDULKADIR un ex guerrigliero eritreo che si era convertito al turismo (vedi foto 1). Simpaticissimo ci accolse e ci fece cenare con spaghetti e altri cibi locali. Dopo un ottimo bagno nella baia antistante, fatta una doccia ripartimmo. Facemmo cica 150 km di terra di nessuno, non trovammo controlli ne' in uscita da Djibouti ne' in entrata in Eritrea. In Eritrea facemmo dogana ad ASSAB, un porto che fino a qualche anno prima era molto attivo (era lo sbocco al mare dell'Etiopia), poi in seguito alla guerra tra le due nazioni confinanti era caduto in rovina e in disuso. Cercammo anche il monumento eretto in memoria di Giuseppe Maria GIULIETTI, famoso Garibaldino, Geografo ed esploratore. ma non lo trovammo; infatti gli inglesi, dopo la nostra sconfitta, lo avevano rimosso. Nel corso di questo trasferimento attraversammo in Sultanato di RAHEITA. Dal nome e dalla mia immaginazione, sapendo che era un porto franco, pensavo fosse una sorta di Principato di Monaco. Mi sbagliavo: il confine era delimitato da un filo spinato arrugginito con appese delle buste di plastica in via di disfacimento. Servivano a far vedere che c'era un posto di blocco. Da una capannina di legno con tetto in lamiere uscirono due militari che, dopo aver guardato i documenti nostri e della macchina ci fecero passare. Traversammo quel deserto inospitale sotto un sole e un caldo che difficilmente posso dimenticare. Dopo pochi chilometri e valicammo nuovamente il confine. Eravamo in Eritrea. Ad Assab, andammo all'ufficio per l'immigrazione e facemmo le pratiche necessarie. Prendemmo come guida un funzionario giovane, sveglio e gentile che ci fece anche da lasciapassare per tutto il viaggio. fu una scelta risolutiva, ci appiano' tutte le difficolta' del viaggio e ci permise di dormire nei campi militari in massima sicurezza. Il giorno dopo arrivammo a BERAISOLE (Vedi foto con tende), una baia splendida dove mettemmo le tende in riva al mare e passammo una notte indimenticabile. Preparammo i giacigli e andammo a dormire io nel sacco a pelo, Sandro con mio stupore lo vidi uscire dalla tenda con un pigiama di seta rosso bordeaux e un fazzoletto di lino nel taschino. Poi mi disse che se nei viaggi non dormiva con il pigiama di seta avrebbe passato la notte insonne. Da li' risalimmo attraverso la Dankalia eritrea passando attraverso strade di lava impercorribili anche a piedi, se si usciva fuori pista per km e km si poteva solo saltare tra un sasso lavico e l'altro affilati come cocci di bottiglie. Il tutto per decine di km attraverso vulcani spenti che si stagliavano all'orizzzonte coperti da un mare di lapillo bruciato dal sole che contrastava con l'azzurro del mare delle Isole Dalak. In quattro giorni costeggiammo il bel mare eritreo e arrivammo a Massawa. Un posto splendido con un fascino indescrivibile, ma dall' aspetto spettrale. Era praticamente desertificato rispetto agli anni del suo massimo splendore. Riparammo una gomma (vedi foto di Massawa e del gommista) e partimmo alla volta di Asmara. Iniziammo a salire sull'altipiano passando per il Sacrario di DOGALI dove nel 1887 furono massacrati dagli etiopici il COLONNELLO DE CRISTOFORIS insieme a 548 militaria italianiI. In Ricordo rimane una Stele con il nome e anno della battaglia (vedi foto). Dall'alto della collina spaziava la vallata dove furono circondati e uccisi i nostri soldati. Fu una sensazione molto forte come anche i resti della fuinicolare da noi costruita che collegava Massawa con Asmara. Era un gioiello d'ingegneria dell'epoca. Quando perdemmo la guerra fu letteralmente rapinata dagli inglesi che la smontarono e la trasferirono in India. Finalmente arriviamo ad Asmara, il toy stava esalando gli ultimi respiri al punto che la salita finale che ci porto' in citta' dovemmo farla con le ridotte. Nella capitale eritrea avemmo modo di vedere il cinema impero, la casa d'italia e la basilica cristiana-ortodossa. Giorni dopo, quando venne il momento di rientrare eravamo esausti e non ce la sentivamo di rifare la strada dell'andata in soli tre giorni. Andammo all'Ambasciata Italiana, dicemmo che si era rotta la macchina (non era vero) e che non potevamo rientrare con il nostro mezzo. Molto gentilmente fecero una Nota Verbale in cui si spiegava al governo eritreo il problema, affidammo la macchina a un meccanico eritreo/italiano e ripartimmo alla volta di Djibouti e Italia. Per farla breve per disguidi vari il Toyota fu sequestrato e noi credo denunciati per immigrazione illegale. Eravamo diventati dei migranti clandestini. Penso che per il momento non sia igienico ne' per me, ne' per Sandro, rimettere piede in Eritrea Viaggio nella preistoria lungo la valle del fiume Omo per cercare i nipoti di Lucy)
Roma, 30 luglio 2001. Mi viene a trovare Pierpaolo Quercioli, un mio caro amico. E'medico come me, ma fa l'oculista tra Siena e Roma. Mentre andiamo a prendere un aperitivo al bar dell'Aeroporto dell'Urbe mi dice: mi ha telefonato mio cugino Michele Cannizzaro da Addis Abeba chiedendo di accompagnarlo nel sud dell'Etiopia al confine tra il Sudan e il Kenya, nella valle del fiume Omo. Non è una missione umanitaria come quelle che sei abituato a fare, ma non credo che sia molto diverso. Il posto è lontano, molto lontano. Le strade e i villaggi non sono segnati neanche sulla cartina geografica, sono posti molto isolati e ci si arriva solo dopo 4-5 giorni di fuoristrada tra piste e guadi inaccessibili per sei mesi l'anno. Gli chiedo: non è per caso dove hanno trovato Lucy, la “madre di tutti gli uomini”, morta per cause sconosciute circa quattro milioni e mezzo d'anni fa? UN VIAGGIO AI CONFINI DEL MONDO PER UN BUON NATALE A CHI NON L'HA MAI AVUTO Verso la fine del mese di novembre è venuta a trovarmi la madre di due bambini che curo da cinque anni insieme a una mia amica e al direttore delle scuole elementari e materne del 53° Circolo Merelli di Roma, scuola che frequentano i miei figli, dicendomi: abbiamo deciso di inviare degli aiuti umanitari a dei bambini dell'ex Zaire come regalo di Natale. Abbiamo pensato di inviarli a Goma o a Bucavu che si trovano vicino al Burundi sul lago Kivu. Gli risposi: lì c'è la guerra non ci si può andare, inoltre non ci si può arrivare direttamente senza affidarsi a Organizzazioni Umanitarie Internazionali, non ci sono trasporti e non ci sono aerei; quando ci sono stato nel 1994 mi sono reso conto che se accadono imprevisti è difficile uscirne fuori. Comunque se avete deciso per il Congo vi posso aiutare, infatti da circa due anni ho iniziato a inviare aiuti alla Diocesi di Luebo nel Kasai Occidentale. Purtroppo gli aiuti umanitari arrivano nelle capitali o dove c'è il fronte della guerra. Chi ha la sorte di vivere in un paese in guerra lontano da tutto non ha niente, muore. Chiesi l'autorizzazione al presidente dell'AFMAL, approvò e iniziò la missione in emergenza. Suggerii di portare come capo missione Padre Jose Muamba Bamubili, un parroco congolese che vive in Sicilia vicino Palermo e che conosco molto bene. Fu preparata una lettera che fu data a tutti i 1650 bambini delle scuole interessate nella quale si chiedevano supporti per la scuola, vestiti per bambini e soldi per la spedizione. Di materiale ne venne raccolto molto ma di soldi pochi, comunque non bastavano per la spedizione. Non importa, tra parenti e amici, riuscimmo a trovare quasi tutto. Non potevamo lasciare i bambini senza regalo di Natale. Per spendere il meno possibile scegliemmo come compagnia aerea la Ethiopian Airline. Passa per Addis Abeba, Kinshasa, Lomè, Abijan, Addis Abeba, Roma. Un poco stancante ma economico. Mercoledì 9 Dicembre1998: inizia la missione E' arrivato a Roma Padre Jose' Muamba da Palermo, tutti insieme andiamo da Mons. Kabongo (casualmente si trovava a Roma). Vescovo e Arcivescovo della Diocesi di Luebo, Vicepresidente della Conferenza Episcopale del Congo. Per otto anni è stato segretario del Papa Giovanni Paolo II. E' molto contento di questa iniziativa, ma non crede che riusciremo ad arrivare a Luebo in così poco pochi giorni, in Africa le distanze sono molto lunghe. Il Congo è grande come l'Europa e le strade non sono asfaltate. Inoltre questo è il periodo delle piogge. Ci augura buona fortuna e ci consegna una lettera di benedizione in prega tutti coloro che ci incontrano, civili e militari, di aiutarci in quanto missione umanitaria protetta dal Vescovo di Luebo. Sarà la nostra salvezza. Ore 23.00 : Si parte dall'aeroporto di Roma con i nostri 809 kg. di materiale al seguito. Siamo in tre: Padre Josè Muamba, Rossella Mercurio ( la madre dei miei piccoli pazienti, in qualità di addetto culturale delle scuole del 53° Circolo promotore dell'iniziativa) ed io in rappresentanza dell'AFMAL. |
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December 2023
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