Dal 2008 il dott. Pierluigi Casa ha iniziato il periplo dell'Africa partendo dall'Italia. in tale impresa di Viaggiatore sta utilizzando un Toyota ultraventennale. In questo modo ha potuto unire la passione dei viaggi alla scoperta di usi e costumi che stanno scomparendo alle attivita' umanitarie che sempre sono presenti durante i suoi viaggi. Normalmente quando parte porta con se aiuti umanitari e di primaria necessita' che raccoglie in Italia e distribuisce alle missioni che incontra durante i viaggi. Spesso presta la sua opera di pediatra nelle missioni. Normalmente viaggia da solo o al massimo con uno o due amici che lo accompagnano.
Le difficolta' che si incontrano riguardano soprattutto la comunicazione, la logistica, la preparazione del viaggio, i percorsi da seguire, le precauzione e le informative per viaggiare in sicurezza e il ricovero del mezzo nei lunghi periodi in cui risiede in Italia. Tutto cominciò quasi per caso, allorchè un caro amico, noto odontaiatra di Firenze, mi disse: Vorrei entrare in Eritrea pasando da Djibouti. Ho un mio vecchio toyota da tre anni giù. Abbiamo provato già due volte, ma siamo stati rispediti sempre indietro. Ti va di accompagnarmi? Risposi: proviamoci, se non riusciamo a passare da OBOCK (citta' di confine tra Djibouti ed Eritrea e punto di partenza dei migranti africani verso lo Yemen)) e non ci fanno entrare, giriamo a sinistra e ci facciamo l'Etiopia. Per oltre un anno cercammo informazioni andando a visitare diplomatici eritrei, feste etniche e anniversari vari. Ci hanno dato consigli anche alcuni imprenditori italiani che avevano interessi in loco. A Novembre 2007 Partiamo, arrviamo a Djibouti e lì iniziarono le prime dificotà. Il Toyota dopo due anni che non era stato utilizzato, aveva di tutto: la frizione che non funzionava, problemi alla pompa d'alimentazione, la trasmissione; insomma non si poteva partire. A complicare tutto non avevamo i permessi ed erano circa 25 anni che nessuno era passato con visto turistica da Djibouti all'Eritrea. Unico dato positivo: sapevo che in quel periodo di relativa pace, ogni mese, qualche raro Camion passava attraverso quella frontiera. La fortuna aiuta gli audaci: Sandro aveva un suo amico d'infanzia che aveva un grande cantiere nella capitale . Ci diede a disposizione i suoi meccanici e la macchina in breve fu riparata. A completamento di tutto avevamo il Direttore della sua Società che era stato compagno di scuola dell'allora ambasciatore eritreo in Djibouti. In un giorno avevamo il visto turistico. Eravamo i primi europei dopo 25 anni che potevano attraversare quella frontiera. In breve, dopo 5 giorni dal nostro arrivo in Africa riuscimmo a partire per il nord. La prima notte dormimmo in un lodge con chalet molto spartani a OBOK. Era gestito da ABDULKADIR un ex guerrigliero eritreo che si era convertito al turismo (vedi foto 1). Simpaticissimo ci accolse e ci fece cenare con spaghetti e altri cibi locali. Dopo un ottimo bagno nella baia antistante, fatta una doccia ripartimmo. Facemmo cica 150 km di terra di nessuno, non trovammo controlli ne' in uscita da Djibouti ne' in entrata in Eritrea. In Eritrea facemmo dogana ad ASSAB, un porto che fino a qualche anno prima era molto attivo (era lo sbocco al mare dell'Etiopia), poi in seguito alla guerra tra le due nazioni confinanti era caduto in rovina e in disuso. Cercammo anche il monumento eretto in memoria di Giuseppe Maria GIULIETTI, famoso Garibaldino, Geografo ed esploratore. ma non lo trovammo; infatti gli inglesi, dopo la nostra sconfitta, lo avevano rimosso. Nel corso di questo trasferimento attraversammo in Sultanato di RAHEITA. Dal nome e dalla mia immaginazione, sapendo che era un porto franco, pensavo fosse una sorta di Principato di Monaco. Mi sbagliavo: il confine era delimitato da un filo spinato arrugginito con appese delle buste di plastica in via di disfacimento. Servivano a far vedere che c'era un posto di blocco. Da una capannina di legno con tetto in lamiere uscirono due militari che, dopo aver guardato i documenti nostri e della macchina ci fecero passare. Traversammo quel deserto inospitale sotto un sole e un caldo che difficilmente posso dimenticare. Dopo pochi chilometri e valicammo nuovamente il confine. Eravamo in Eritrea. Ad Assab, andammo all'ufficio per l'immigrazione e facemmo le pratiche necessarie. Prendemmo come guida un funzionario giovane, sveglio e gentile che ci fece anche da lasciapassare per tutto il viaggio. fu una scelta risolutiva, ci appiano' tutte le difficolta' del viaggio e ci permise di dormire nei campi militari in massima sicurezza. Il giorno dopo arrivammo a BERAISOLE (Vedi foto con tende), una baia splendida dove mettemmo le tende in riva al mare e passammo una notte indimenticabile. Preparammo i giacigli e andammo a dormire io nel sacco a pelo, Sandro con mio stupore lo vidi uscire dalla tenda con un pigiama di seta rosso bordeaux e un fazzoletto di lino nel taschino. Poi mi disse che se nei viaggi non dormiva con il pigiama di seta avrebbe passato la notte insonne. Da li' risalimmo attraverso la Dankalia eritrea passando attraverso strade di lava impercorribili anche a piedi, se si usciva fuori pista per km e km si poteva solo saltare tra un sasso lavico e l'altro affilati come cocci di bottiglie. Il tutto per decine di km attraverso vulcani spenti che si stagliavano all'orizzzonte coperti da un mare di lapillo bruciato dal sole che contrastava con l'azzurro del mare delle Isole Dalak. In quattro giorni costeggiammo il bel mare eritreo e arrivammo a Massawa. Un posto splendido con un fascino indescrivibile, ma dall' aspetto spettrale. Era praticamente desertificato rispetto agli anni del suo massimo splendore. Riparammo una gomma (vedi foto di Massawa e del gommista) e partimmo alla volta di Asmara. Iniziammo a salire sull'altipiano passando per il Sacrario di DOGALI dove nel 1887 furono massacrati dagli etiopici il COLONNELLO DE CRISTOFORIS insieme a 548 militaria italianiI. In Ricordo rimane una Stele con il nome e anno della battaglia (vedi foto). Dall'alto della collina spaziava la vallata dove furono circondati e uccisi i nostri soldati. Fu una sensazione molto forte come anche i resti della fuinicolare da noi costruita che collegava Massawa con Asmara. Era un gioiello d'ingegneria dell'epoca. Quando perdemmo la guerra fu letteralmente rapinata dagli inglesi che la smontarono e la trasferirono in India. Finalmente arriviamo ad Asmara, il toy stava esalando gli ultimi respiri al punto che la salita finale che ci porto' in citta' dovemmo farla con le ridotte. Nella capitale eritrea avemmo modo di vedere il cinema impero, la casa d'italia e la basilica cristiana-ortodossa. Giorni dopo, quando venne il momento di rientrare eravamo esausti e non ce la sentivamo di rifare la strada dell'andata in soli tre giorni. Andammo all'Ambasciata Italiana, dicemmo che si era rotta la macchina (non era vero) e che non potevamo rientrare con il nostro mezzo. Molto gentilmente fecero una Nota Verbale in cui si spiegava al governo eritreo il problema, affidammo la macchina a un meccanico eritreo/italiano e ripartimmo alla volta di Djibouti e Italia. Per farla breve per disguidi vari il Toyota fu sequestrato e noi credo denunciati per immigrazione illegale. Eravamo diventati dei migranti clandestini. Penso che per il momento non sia igienico ne' per me, ne' per Sandro, rimettere piede in Eritrea
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December 2023
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