Giugno 1990
Uno dei periodi piu' difficili della mia vita!
La sera prima ero stato a cena con Peppuccio, uno dei miei piu' cari amici con cui ho condiviso momenti piacevoli, belli, ma anche difficili.
Gli avevo confidato che avevo grossi problemi in famiglia e non sapevo come uscirne.
Due giorni dopo mi chiamo' e mi disse: devo vederti. C'incontrammo per prendere un caffe' al bar e mi disse: mi serve un milone e quattrocentomilalire, non mi chiedere perche'. Considerando i rapporti di amicizia che c'erano, senza fare domande gli feci l'assegno.
Uno dei periodi piu' difficili della mia vita!
La sera prima ero stato a cena con Peppuccio, uno dei miei piu' cari amici con cui ho condiviso momenti piacevoli, belli, ma anche difficili.
Gli avevo confidato che avevo grossi problemi in famiglia e non sapevo come uscirne.
Due giorni dopo mi chiamo' e mi disse: devo vederti. C'incontrammo per prendere un caffe' al bar e mi disse: mi serve un milone e quattrocentomilalire, non mi chiedere perche'. Considerando i rapporti di amicizia che c'erano, senza fare domande gli feci l'assegno.
Verro' a prenderti personalmente all'aeroporto. Se non mi vedi, non uscire dall'aeroporto e non ritirare i bagagli. Sarai circondato da decine di persone, mi raccomando non dare troppa confidenza a nessuno, fai in Italia la vaccinazione contro la febbre gialla, al resto penso io'.
Rimasi un po' interdetto, ma dato che avevo a disposizione le ferie e non ero mai stato in Africa lo ringraziai e ci salutammo. All'epoca non c'erano telefonini ne' fax per chiamare laggiu' al telefono si impiegavano ore e spesso non si riusciva ad avere la linea. Una semplice lettera impiegava anche un mese per arrivare.
Arriva il giorno della partenza e l'unica informazione utile me la diede l'agenzia di viaggi che aveva fatto il biglietto: tutto ok, abbiamo ricevuto notizie dal suo amico che confermano che lo aspetteranno all'aeroporto di Mogadiscio.
Parto la sera con volo diretto Roma-Mogadiscio. Arrivo il mattino seguente e quando mi affaccio dall'aereo un vento caldo come non avevo mai sentito in vita mia mi avvolge. Insieme agli altri passeggeri mi dirigo, attraversando la pista, all'aerostazione. Appena entro vengo circondato da decine di persone, sicuramente piu' di un centinaio. Molti parlavano italiano e offrivano i loro servigi: "vieni con me prendo bagagli, vuoi cambiare soldi? Aspetta non puoi uscire se prima non passi la visita medica"
Rimasi un po' interdetto, ma dato che avevo a disposizione le ferie e non ero mai stato in Africa lo ringraziai e ci salutammo. All'epoca non c'erano telefonini ne' fax per chiamare laggiu' al telefono si impiegavano ore e spesso non si riusciva ad avere la linea. Una semplice lettera impiegava anche un mese per arrivare.
Arriva il giorno della partenza e l'unica informazione utile me la diede l'agenzia di viaggi che aveva fatto il biglietto: tutto ok, abbiamo ricevuto notizie dal suo amico che confermano che lo aspetteranno all'aeroporto di Mogadiscio.
Parto la sera con volo diretto Roma-Mogadiscio. Arrivo il mattino seguente e quando mi affaccio dall'aereo un vento caldo come non avevo mai sentito in vita mia mi avvolge. Insieme agli altri passeggeri mi dirigo, attraversando la pista, all'aerostazione. Appena entro vengo circondato da decine di persone, sicuramente piu' di un centinaio. Molti parlavano italiano e offrivano i loro servigi: "vieni con me prendo bagagli, vuoi cambiare soldi? Aspetta non puoi uscire se prima non passi la visita medica"
Mentre venivo pressato e delicatamente spinto dai somali presenti insieme agli altri passeggeri verso l'uscita, mi viene incontro una persona con il camice bianco che fa finta di misurarmi la temperatura, mi chiede il libretto delle vaccinazioni e mi dice: manca il vaccino contro il colera, "se non fai vaccino non entri". Io timorosamente dissi: il vaccino qui non e' obbligatorio, ma se proprio insisti ho con me una siringa sterile e me lo posso fare anche da solo. Mi rispose: "ma tu cosa capito? noi non abbiamo vaccino. Tu dai soldi e io metto timbro". Mentre stava continuando la contrattazione arriva un somalo robusto e molto piu' alto di me e dice: Lui e' dott. Casa, sta con noi! e rivolgendosi a me continua: seguimi c'e' tuo amico che aspetta fuori, non ti preoccupare. Faccio ancora dieci metri e vedo Peppuccio scortato da altri quattro uomini. Mi sorride e dandomi il benvenuto mi dice: andiamo a casa di Lino. Da oggi casa sua e' la tua casa ai bagagli ci pensano loro.
Lino e' il migliore amico di Peppe, ne avevo sentito parlare moltissime volte, e pur non avendolo mai visto era come se lo conoscessi da sempre. In quel periodo stava in Kenya per lavoro. Ci sentimmo telefonicamente e mi diede il benvenuto.
La casa era in pieno centro, molto grande, fresca con aria condizionata che per l'epoca era una rarita'. Aveva due ingressi fatti in modo che chi arrivava non potesse vedere chi usciva. In quei giorni mi risulto' molto utile.
Mi diedero a disposizione un Land Rover con un autista mulatto bravissimo. Come guidava su pista, sulle dune e sulle scogliere durante la bassa marea mi lasciava continuamente stupito. Era anche un bravo meccanico che risolse più di una situazione critica durante i nostri spostamenti nella boscaglia.
Da quel giorno e per tutto il mese che rimasi, mi trovai in un paradiso terrestre: gente ospitale, donne color ebano altissime e bellissime. Erano vestite avvolte da un unico lunghissimo velo colorato trasparente che lasciava scoperta una spalla e faceva immaginare il loro splendido corpo. Erano sempre sorridenti. moltissime parlavano perfettamente italiano e avevano lo stesso nostro tipo di mentalita' e cultura.
Nei molti ristoranti sparsi al lido sul lungomare si mangiava un'ottima cucina italiana, ma si potevano assaggiare anche specialita' locali come il capretto e lo zichini (un piatto tipico dell'etiopia, ma molto diffuso anche in Somalia). Al mare, forse paragonabile solo alle Maldive, mangiavamo pesce appena pescato. Sulle spiagge di Gesira, Ali il pescatore lo puliva nel mare e ce lo preparava sulla brace . Poi ogni giorno delle gite pazzesche: sulle dune, nei villaggi, a caccia nella boscaglia. Andammo anche a Merca. Per arrivarci percorremmo col Land Rover durante la bassa marea 70 km sul bagnasciuga. Decine di migliaia di enormi granchi rossi al nostro passaggio correvano dalla spiaggia verso il mare con uno spettacolo che non dimentichero' mai nella mia vita.
Nei molti ristoranti sparsi al lido sul lungomare si mangiava un'ottima cucina italiana, ma si potevano assaggiare anche specialita' locali come il capretto e lo zichini (un piatto tipico dell'etiopia, ma molto diffuso anche in Somalia). Al mare, forse paragonabile solo alle Maldive, mangiavamo pesce appena pescato. Sulle spiagge di Gesira, Ali il pescatore lo puliva nel mare e ce lo preparava sulla brace . Poi ogni giorno delle gite pazzesche: sulle dune, nei villaggi, a caccia nella boscaglia. Andammo anche a Merca. Per arrivarci percorremmo col Land Rover durante la bassa marea 70 km sul bagnasciuga. Decine di migliaia di enormi granchi rossi al nostro passaggio correvano dalla spiaggia verso il mare con uno spettacolo che non dimentichero' mai nella mia vita.
Arrivati alla piantagione di Gianfranco Stefani fummo accolti con ospitalita' che solo in Africa si puo' trovare. Ci fermammo tre giorni, ci porto' al mare, incontrammo un villaggio dei pescatori di tartarughe che ci accolsero festosamente, il pomeriggio andavamo a vedere il tramonto del sole che andava a nascondersi dietro le dune rosse che costeggiavano il mare separandolo dalla boscaglia. C'erano moltissimi animali: Kudu, facoceri, dik dik, dromedari, giraffe, rapaci sparsi in una foresta di acacie tutte diverse, ma tutte uguali. Non si poteva lasciare la pista senza rischio di perdersi. Era facilissimo perdere l'orientamento. Sembrava di uscire da una pagina di un libro di Whilbur Smith. Ogni giorno passato era un libro di sensazioni, storie bellezze, poesia. Insomma un mondo che forse non esistera' piu'.
Sarei dovuto tornarci dopo 4 mesi, ma il colpo di stato e la guerra mi impedirono di farlo. Il resto e' storia.
L' anno seguente tornando in Kenya finalmente ebbi modo di incontrare Lino di persona. E' stato lui che mi ha fatto conoscere l'Africa. Mi ha ospitato decine di volte a casa sua a Nairobi e Malindi e mi ha fatto conoscere delle realta' che non avrei mai immaginato. Adesso per me lui e' White Simba, non un amico, ma un fratello che non ti tradisce.... e' un punto di riferimento.
La Somalia si perse! E, da uno dei paesi piu' belli del mondo,e' diventata forse il piu' pericoloso.
Nel corso degli anni ci fu una profonda trasformazione, non essendoci piu' nessuna istituzione la popolazione venne condannata anche all'analfabeismo. I Paesi Arabi investirono ingenti risorse nelle scuole coraniche e i somali meno abbienti pur di non avere i figli analfabeti iniziarono a mandarli alle scuole coraniche; solo che ci fu un dettaglio: mentre quando la somalia era stabile politicamente, la scuola coranica era simile al catechismo delle parrocchie italiane con due ore di lezioni giornaliere per due anni durante le quali si insegnavano regole morali universali Con l'avvento della gestione portata avanti dai Sauditi con insegnanti sauditi, si trasformo' in una scuola con otto ore giornaliere per sette anni consecutivi. Da quel momento non si insegnava piu' la religione mussulmana, bensi la cultura dell'Arabia Saudita che e' tutta in'altra cosa. Inizio' la scuola di integralismo islamico.
2002 Si torna a Mogadiscio
Nel 2002 in occasione dei miei frequenti viaggi in Kenya, Lino mi disse: la Somalia sta morendo, sta cambiando i costumi. Da uno dei paesi piu' simili all'Italia sta diventando un luogo di estremismo islamico.
Mi disse: Perche' non riorganizziamo una scuola che possa dare la possibilita' ai bimbi meno abbienti di conseguire un diploma di licenza elementare di tipo europeo?
Mi disse: Perche' non riorganizziamo una scuola che possa dare la possibilita' ai bimbi meno abbienti di conseguire un diploma di licenza elementare di tipo europeo?
Prendiamo gli insegnanti delle vecchie scuole italiane a Mogadiscio e iniziamo a fare delle scuole bilingue Italo-somale. L'idea mi parve splendida. Prendemmo delle maestre volontarie della scuola elementare dei nostri figli e le portammo a Mogadiscio per fare formazione al corpo docente locale. Furono 10 giorni di enorme impegno sia da parte delle nostre maestre che da parte degli insegnanti somali. Per tutta la durata della nostra permanenza, per motivi di sicurezza, non si spostarono dall'albergo dove alloggiavamo e li' fecero formazione.Le materie piu' impegnative si facevano in somalo e quelle piu' semplici da spiegare (es. matematica) venivano fatte in italiano.
Durante lo stesso periodo organizzarono un ambulatorio all'interno dell'Ospedale De Martino e riuscii a visitare tantissimi bambini, anche quelli che avrebbero frequentato la nostra scuola.Trovammo pochissimi fondi che ci diede personalmente il Presidente della Regione Lazio che ci furono sufficienti per affittare dei garage, organizzare i pasti per i bambini che facevano i turni a scuola e pagare i docenti e il personale delle strutture.
Fu un successone, tutti volevano venire a studiare in quelle scuole di tipo occidentale e le preferivano alle scuole coraniche.
Il primo anno ando' molto bene, il secondo inizio' benissimo fino al giorno che rapirono Lino.
Era andato a controllare personalmente l'andamento della scuola, ma durante il transfer di ritorno dalla citta' all'aeroporto lo catturarono, lo picchiarono e lo tennero sequestrato per moltissimi giorni.
Il nostro Ministero degli Esteri non riusci a concludere nulla e il riscatto fu pagato con i soldi che riusci a raccogliere Lino stesso durante la prigionia. Se non avesse saputo parlare perfettamente somalo probabilmente non l'avremmo mai piu' visto Furono pagati 10.000 Euro e le autorita' italiane all'epoca preposte si dimostrarono totalmente incapaci.
Il terzo anno continuammo le attivita' a distanza con internet e altri supporti informatici fino a quando uccisero in mezzo alla strada e davanti ai suoi figli il nostro coordinatore didattico. Penso che la nostra attivita' desse fastidio e se io avessi messo nuovamente piede a Mogadiscio, probabilmente la vittima successiva sarei stata io. Con rammarico chiudemmo il programma.